Abstract
L’affermazione di Orazio pulvis et umbra sumus ha lasciato un’impronta nei poeti successivi? Scopo dell’articolo è analizzare l’influenza di un tale verso su tre autori tardoantichi: Ausonio, Paolino di Nola e Venanzio Fortunato. Essi si rifanno al modello in modi differenti: se Ausonio si limita a riprodurre il verso di Orazio, Paolino, invece, riprende i termini pulvis et umbra aggiungendovi sine Christo, per mettere in luce la diversità fra la visione pagana e la sua concezione di vita rinnovata dalla conversione. Inoltre, echi dalle Scritture nei due passi di Paolino e di Venanzio portano a una ricchezza di significato dovuta all’incontro fra la tradizione classica e quella biblica. Un’appendice tenta di rispondere alla domanda su quale testo del Salterio conoscesse Paolino.