Il teatro cartesiano: sulla funzione della "teatralità" barocca nella Prima Meditazione di Descartes
Abstract
Rintracciare con esattezza, nelle Meditazioni, la presenza di specifiche fonti letterarie è un'impresa audace e per certi versi poco utile. Considerata la riluttanza di Descartes a sottomettere il proprio pensiero a ogni genealogia e preso atto dello straordinario eclettismo che anima il Barocco (categoria culturale oltretutto sfuggente per definizione), sembra vano un tentativo di fissare definitivamente i richiami e le atmosfere che attraversano l'opera. Il rischio è anzitutto quello di mantenere indistinto ciò che è nell'autore da quanto è nel suo tempo o è la tentazione contraria, forse più grave, di smembrare il pensiero cartesiano in una sequenza di rimandi semplicemente possibili. Non si può negare legittimità alla questione, tuttavia, laddove il campo di indagine sia ristretto all'eventualità di una funzione – narrativa, scenica, simbolica – assegnata da Descartes ad alcuni aspetti della visione barocca del mondo, che sembrano proporre, in decisivi punti di snodo delle Meditazioni, momenti di autentico teatro. Questa impostazione della ricerca ci spinge a considerare il capolavoro cartesiano ancor prima che una dissertazione di metafisica – e difficilmente questa definizione ne esaurisce l'essenza – come un vero e proprio elaborato filosofico-letterario, non privo di peculiarità narrative e stilistiche tipicamente barocche, quali l'uso strategico della “dissimulazione” e una certa vena ermetica.