Nóema 13:45-62 (
2022)
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Abstract
Questo articolo si interroga su ciò di cui i filosofi hanno parlato, o dovrebbero parlare, quando parlano di "una pratica". La questione è complicata per il fatto che, almeno in inglese, esistono diversi sensi piuttosto distinti della parola "pratica", in due dei quali "pratica" è usato come un sostantivo e in altri due sensi "pratica" è usato come un verbo. Tutti questi usi, sia nominali che verbali, sono in realtà ben distinti, ma chiaramente connessi, a ciò che interessa ai filosofi quando parlano di "una pratica". In _Due concetti di regole_ John Rawls ha offerto una definizione di 'pratica' che ha influenzato le successive discussioni filosofiche su cosa significhi essere una pratica: «Uso la parola 'pratica' come una sorta di termine tecnico che indica qualsiasi forma di attività specificata da un sistema di regole che definisce posizioni, ruoli, mosse, penalità, difese e così via, e che dà all'attività la sua struttura. Come esempi si può pensare ai giochi e ai rituali, ai processi e ai parlamenti». La tesi centrale di _Due concetti di regole_ è che le regole consequenzialiste e deontiche (o norme) sono entrambe essenzialmente coinvolte nell'istituzione e nella valutazione delle pratiche. La tesi del presente lavoro, tuttavia, è che se ci si concentra sul processo di esercizio di una pratica per sviluppare e mantenere la capacità di occupare con successo una posizione in una pratica rawlsiana, si può vedere che Rawls ha sbagliato sia a identificare il carattere di queste norme sia a individuare i loro obiettivi.