Abstract
A partire dal XX secolo si è fatta strada l’idea che l’istituzione di tribunali penali
internazionali sia un fondamentale e necessario contributo al processo
di ricostruzione della pace in contesti post-bellici. Attraverso l’imparzialità
nell’individuazione delle colpe e nella distribuzione delle pene, i tribunali
penali internazionali sarebbero in grado, secondo questa linea interpretativa,
di sopire odi e divisioni, di scoraggiare la commissione di ulteriori
crimini e di porre così le basi per una nuova convivenza pacifica.
Questa fiducia nella funzione pacificatrice del diritto internazionale
penale ne ha sostenuto lo sviluppo storico. Sulla base di questa funzione
il Consiglio di Sicurezza ha motivato la creazione di tribunali
penali internazionali negli anni Novanta. L’atteggiamento del Consiglio di
Sicurezza nei confronti del rapporto tra giurisdizioni penali internazionali e
pace non si è però mantenuto lineare nel tempo. Il Consiglio di Sicurezza
ha infatti mostrato successivamente di nutrire scarsa fiducia nella funzione
pacificatrice del diritto internazionale penale e talvolta di ritenere che i procedimenti
penali internazionali possano ostacolare il processo di pace. Il saggio indaga questo complesso rapporto e le ambiguità dell'atteggiamento del Consiglio di Sicurezza rispetto ai tribunali penali internazionali.